Unica ricetta: meno parole, più azione

Concretezza sui temi strategici, non enfasi sui (pur importanti) piccoli finanziamenti qua e là.

In un mondo ideale, quello che tutti sogniamo e che i nostri ragazzi sono bravissimi a raffigurare, tutto è bello, funzionale, accogliente. La realtà quotidiana, invece, è molto diversa.
Non è tutta da buttare, anzi. In Lombardia, e in provincia di Como in particolare, si vive bene. Ciò detto, ci sono nodi strategici che vanno individuati e, una volta trovata la quadra, sbrogliati.
Benissimo i mille piccoli finanziamenti che la Regione invia qua e là nei vari paesi; meno, bene, però, la pressoché totale azione di pianificazione di opere strategiche che non possono, né devono, essere ancora una volta messe in secondo piano.
Evocare la Tangenziale di Como non è sognare, ma chiedere un vero intervento a favore di collettività altrimenti stritolate dal traffico; parlare del raddoppio – ove possibile – della Asso-Erba-Mariano-Milano significa guardare a un territorio interconnesso da una sorte di metropolitana leggera e, dunque, più vicino al capoluogo, più servito, più vitale.
Chiedere un deciso investimento sulla Como-Cantù-Milano non è una forzatura, bensì una più che logica necessità per decine di migliaia di pendolari al giorno, siano essi studenti o lavoratori.
L’elenco è lungo, e non riguarda soltanto opere fisiche, quanto piuttosto un metodo differente nella gestione delle risorse, ossia l’individuazione di interventi risolutivi sui quali concentrare gli sforzi per arrivare nel prossimo quinquennio alla cantierizzazione degli stessi.
Si può fare? A giudicare dall’ultimo decennio, la risposta è chiara. Io, però, non mi rassegno. La Provincia di Como non può essere sempre messa in secondo piano.